Stati Kaporali

Stati Kaporali

Stati Kaporali 150 150 Stefano Aggravi

In una democrazia parlamentare il cuore della vita politica ed amministrativa dello Stato è necessariamente il Parlamento. Periodicamente (almeno fino ad oggi) i cittadini aventi diritto si sono recati alle urne (o per libera scelta no) per scegliere i propri rappresentanti. Quei rappresentanti che una volta eletti devono per loro conto amministrare la cosa pubblica, proporre e votare leggi, fare scelte difficili in momenti difficili. Ma tutto questo sembra aver perso senso negli ultimi periodi.

Comitati più o meno scientifici e task force la fanno da padrona anche per proporre (e decidere) cose che normalmente dovrebbero essere diretta emanazione e scelta dei nostri rappresentanti. A tutto questo si è poi affiancato l’ennesimo “momento verità” della politica nostrana ovvero gli Stati Generali del Presidente Conte. Lasciamo perdere la scelta della denominazione che forse, come la bottiglia non rotta nel corso di un varo di una nave, non porterà bene, ma, ecco, la politica dei nostri tempi sembra ormai drogata da queste manifestazioni sovrastrutturali. 

Se abbiamo fior di dirigenti e tecnici che occupano i gangli dell’amministrazione, commissioni e gruppi di concertazione più o meno definiti e durevoli e poi, fino a prova contraria, abbiamo il Parlamento (e anche i vari parlamentini regionali), mi chiedo che cosa serva tutto questo gran tintinnio di bicchieri e tartine. Una passerella che tanto sa di sfarzoso Papeete penta-stellato.

A cosa servono i tanti rappresentanti che votiamo negli organi deputati a prendere le scelte necessarie? A cosa servono le commissioni parlamentari e le sedi già storicamente definite per condurre la concertazione con le parti sociali e datoriali?

Il bello è proprio questo, la massima espressione di chi ha fatto dell’anti-casta e del Vaffa il suo credo (parlo del Presidente del Consiglio) si trova oggi a presiedere un organismo che già nel nome ha qualcosa di anti democratico e vecchio. Qualcosa che porta con sé il peccato originale del fallimento e della rivoluzione che fu. 

La si finisca con gli annunci, le botenze di fuoco e i chilometrici DPCM, bastano poche misure ben assestate e tanto coraggio che oggi manca a tutta la classe dirigente attualmente in sella. 

Il tutto mentre la meglio (peggio) gioventù e le attempate mederse radical-chic imbrattano statue nel nome del rispetto e dell’antifascismo di formale facciata che nasconde ben altro.